Aspettavo la tua visita
nella solitudine. Ora
bussi… cento volte,
e cento ancora.
Ma io son già partito,
per valli e per monti,
tra i boschi cercavo
un luogo per costruire
la mia nuova casa.
Aspettavo la tua visita
nella solitudine. Ora
bussi… cento volte,
e cento ancora.
Ma io son già partito,
per valli e per monti,
tra i boschi cercavo
un luogo per costruire
la mia nuova casa.
Oh rosa, ch’in cristallo sì rinserra,
più che nel giardin d’aprile accesa,
serbi l’onor, la forma e la bellezza,
ma l’alma tua langue in mesta guerra.
Nessun verme ti morde, né tempesta
ti piega il collo o ti scolora il manto,
ma solitaria vivi entro l’incanto
d’un vetro freddo, che non ti detesta
ma non t’ama. Oh fiore tanto puro,
che l’altrui dita mai non ti sfioraro,
che mai sentisti il riso o lo sguardo
d’un core umano sincero e maturo.
Né mano ti potrà mai più recare
l’acqua che nutre, né la brama accesa
d’un amante potrà con dolce resa
coglier il tuo profumo e sospirare.
Tu sei perfetta, ma per chi? Per quale
spirto invisibile o Dio severo
che teme il tocco, e adora il mistero
d’un fiore intatto, ma senza il suo male?
Così l’amor, se troppo si protegge,
non vive: s’asciuga nel suo specchio,
e in luogo d’un giardino, ha un sepolcro
che par tempio, ma al cor nulla corregge.
Che mi fai
che non sento più i profumi
se non quello della tua pelle
che quando osservo l’orizzonte
scorgo il tuo viso nel cielo
che più nulla mi importa
se non il qui e adesso
e sento pace dentro me,
la mia piccola barca
ha trovato un porto felice
dove il riposo ha riparo,
dove sincere mani amiche,
ricuciono la logora vela
Cecco, compare mio, spirto arguto e chiaro,
sediamci qui, ché l’alma arde e consuma;
anch’io per donna vivo a mal a mano,
e il cor si strugge come legna in bruma.
Ella mi guarda, e par che poco cale,
e ride quando il cor mi cade in terra,
poi mi ragiona dolce, e mi fa male,
e pur io son sì altamente innamorato.
Di me s’è fatta gioco e fantasia,
e pur la cerco come pane e vino;
ché senza lei, la notte pare via
che mena al nulla e al fin mi fa tapino.
Io, come te, bestemmio e poi ripenso
che forse Dio d’amor si fa trastullo,
ma il cor, ribaldo, torna al primo senso
e dice: “Soffri, ché morir non è nulla.”
Mi dici: “Va’, ch’ella ti sia propizia!”
e io rispondo: “Sia quel che vorrà sorte;
ma s’ella ride, l’alma mia s’imbizzia,
e se non l’ho, già sento dentro morte.”
Dunque giochiam, ché amor è bisca oscura,
e il senno è banco che mai paga il conto;
che vale il lume, se ogni carta è fura,
e un bacio è premio d’un mazzo già pronto?
Sempre ‘l mio usiél, ch’è foco senza posa,
s’alzava in vol per ogni giovinetta,
anco se brutta, zoppa, o poveretta,
ché mai guardava volto né bellezza.
Né bruttinella mai scampò la cosa,
ché la sua voglia è forza maledetta,
che l’ànima mi strugge e mi disseta,
come fornace accesa e furïosa.
Punìa le verginelle con gran zelo,
che quasi mi pigliava un gran spavento,
vedendo ogn’or ch’alcuna mi guardava.
Ché poi la sorte, come un colpo a pelo,
e lor beltà servia sol per la brama,
ché amor non v’era, ma pur fame e scherno.
Spossato
e riesco finalmente
a godere quel tanto desiderato
riposo
ora la mia piccola barca,
silenziosa e immobile,
galleggia
su questo lago
che un tempo era mare
Depuis des temps immémoriaux,
anéanti par le vide,
le cœur écrasé par la poussière
de mille heures mortes.
L’Amour m’abandonna,
et les couleurs s’éteignirent dans l’abîme,
la musique devint du bruit,
un cri, un fracas sans visage.
Tout le monde, en flammes,
s’enfonçait dans un tourbillon,
dirigé par des démons trompeurs,
et des bêtes, sombres comme le silence.
La fatigue me tira du noir,
tandis que je gravissais le précipice,
les mains meurtries par le froid de la terre,
le souffle pris par l’obscurité.
Puis la lumière arriva,
plus de soleil, mais un éclair
de fleurs étranges, écloses dans l’air,
et le pain qui ne rassasie pas, mais remplit
d’un goût oublié,
un dernier cri de vie.
abbiamo vinto
ma a che prezzo
la vittoria
non consola
quando il cuore
resta in guerra
e cosa serve
uscirne vivi
se dentro
non lo siamo più
Ecco, è giunta l’ora soave,
l’attesa, la dolce, la buona,
l’ora che il cuore solleva
come spiga che il sole incorona.
Tutto si posa, tutto s’intona:
la falce nel grano che ride,
l’odore del pane che dona
la sera alle mani ferite.
Il tempo si chiude nel cerchio
che il bue ha tracciato nel campo,
e il cielo, nell’ombra che cresce,
si fa della vita un canto.
Oh, quanta pazienza silente!
Vangare, seminare, sudare…
e ora la terra è presente
con frutti che sanno d’amare.
E l’uomo si siede, pian piano,
sul ceppo che un tempo ha tagliato,
e guarda la vigna, il suo grano,
il mondo che ha costruito.
Sorride, col sole nel petto,
le rughe gli dan compagnia.
Capisce, nel cuore perfetto,
che è giunta la sua poesia.
Che il pane è più dolce al tramonto,
che il vino ha più canto maturo,
ché ogni seme nel tempo ha raccolto
un destino sereno e sicuro.