Dal quaderno di Jean: Inverno – III

A volte penso che sia tutto già scritto, tutto già deciso, e che noi non possiamo farci nulla. Penso che lassù in fin dei conti non ci siano molte anime buone, ma solo una bruscia bastarda che apre le cosce e mostra la mercanzia, e ci fa credere che in questo inferno di mondo tutto sommato sia rimasto ancora un briciolo di giustizia, e che prima o poi, dopo aver passato una vita a ingoiare merda e a pregare inutilmente, prima o poi dovremo arrivarci lassù, e anche noi c uniremo agli altri in un’orgia universale e liberatrice, ottenendo la meritata ricompensa dopo una vita passata ad invecchiare senza senso.

E invece la bruscia si diverte, ci prende in giro e ride, e quando meno ce lo aspettiamo allunga la sua lingua e ad uno ad uno ci prende e ci rinchiude in una cassa di mogano.

Si dice che Dio si circonda sempre dei migliori, che è lui a prendersi i cuori nobili e a lasciare, in questo ammasso schifoso di terra e mare, in questa palla che gira e gira e gira all’infinito, sempre nello stesso verso, proprio qui lui lascia i non meritevoli della sua gloria, in questo inferno a continuare a vivere da peccatori, a patire e soffrire e bestemmiare e sputare in questo schifo di mondo, ma continuando a vivere, che nessuno vuole morire, nessuno è così ansioso di andare a trovare Dio.

Che poi da lassù non è tornato mai nessuno a dirmi che sta bene, che un po’ gli manco, ma che tutto sommato sta in un posto tranquillo, con la birra bella fresca e le cameriere gentili e carine.

Ecco quello che rimane.

Solo una lastra di marmo grigia e lucida con molti fiori e una foto sorridente, bagnata dalla lacrime di chi ancora vive all’inferno, in questo inferno, e che piange e si dispera, si fa divorare dalla desolazione e dalla rabbia.

Quando quel mostro nero faceva nitrire tutti i suoi cavalli e affrontava le curve senza scalare di marcia, e si riempiva di grida di paura, di preghiere, di incubi, chissà che cos’ha pensato in quel momento, quando ha visto la macchina fuori controllo che andava dritta verso la morte, chissà se ha avuto il tempo di pensare a quello che stava succedendo, chissà se si è reso conto, o se davanti ai suoi occhi aveva solo il buio e il freddo di quella notte.

Forse non avrebbe dovuto sedersi in quella macchina, o avrebbe dovuto allacciarsi almeno la cintura, forse quello che stava al volante doveva rallentare, o non bere così tanto, forse non sarebbe dovuto andare a Saccargia, a quella festa, e fare così tardi, si… forse…

Ora che dalla finestra guardo il vuoto, lo stesso vuoto che ho dentro, che non mi da il coraggio di andare avanti, di affrontare lo stesso inferno di sempre a testa alta; ora che non ho neanche la forza di piangere, che non ho più niente, che vorrei sciogliermi come fango e sprofondare in un abisso scuro e buio; ora, proprio ora che ne ho così tanto bisogno, ora che ho bisogno di lui, dov’è Dio?

Ci guarda ancora da lassù, ci fa girare tutti cose se fossimo delle trottole pazze nelle sue mani, ci prende in giro, ci fa soffrire.

Sta meglio lì, a passare il tempo ridendo di noi, che tanto qui ci viene solo per farci piangere…

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