Nel mondo degli adulti si mente con disinvoltura,
senza più dar peso al veleno delle parole.
Ciò che si dice ha il valore d’una massa informe,
come sterco abbandonato sulla strada di casa.
Valeva la pena lottare per diventare grandi?
Nel mondo degli adulti conta soltanto avanzare,
procedere, comunque vada, senza fermarsi.
Ma io mi ribello, io dico no.
Desidero arrestarmi, nascondermi un momento
dal clamore della vita, rinchiudermi
in una stanza d’albergo
a piangere in silenzio, senza spettatori.
Nel mondo degli adulti regna il denaro:
conta ciò che possiedi, ciò che puoi toccare.
Non valgono i sogni, né le emozioni sincere.
L’amore? Solo una teoria bislacca,
quando chi dovrebbe amarti e sostenerti
insegue soltanto l’edonismo più sfrenato.
Che cosa conta, allora? Che cosa resta?
Un gesto d’un adulto può ferire a morte,
distruggere un’anima in un attimo soltanto,
e accorgersene troppo tardi,
quando nulla ha più rimedio.
Ciò che conta è l’apparenza:
sembrare forti, duri, invincibili.
Ma dentro, siamo bambini feriti, logorati.
Vorrei tornare bambino,
quando il mondo girava attorno al mio sorriso,
e ogni cosa era mia, e non conoscevo la solitudine.
Vorrei ridere spensierato,
per un nonnulla, accanto al mio primo amico,
gioire della leggerezza dell’attimo.
Vorrei qualcuno che mi dicesse:
“Va tutto bene. Non devi preoccuparti di nulla.”
Ma quelle parole appartengono ormai al passato.
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