Autore: Jack Arru

  • Partenza – II

    Aspettavo la tua visita,
    nella quiete che sa di addio.
    Ora bussi! Cento volte,
    e cento ancora.

    Ma io ho preso il sentiero,
    tra le valli profonde,
    i monti in silenzio,
    e i boschi che non chiedono nulla.

    Cercavo un luogo remoto
    per costruire la mia nuova casa.
    Lontano da te,
    lontano da me.

  • Partenza – I

    Aspettavo la tua visita
    nella solitudine. Ora
    bussi… cento volte,
    e cento ancora.

    Ma io son già partito,
    per valli e per monti,
    tra i boschi cercavo
    un luogo per costruire
    la mia nuova casa.

  • Alla rosa chiusa in teca

    Oh rosa, ch’in cristallo sì rinserra,
    più che nel giardin d’aprile accesa,
    serbi l’onor, la forma e la bellezza,
    ma l’alma tua langue in mesta guerra.

    Nessun verme ti morde, né tempesta
    ti piega il collo o ti scolora il manto,
    ma solitaria vivi entro l’incanto
    d’un vetro freddo, che non ti detesta

    ma non t’ama. Oh fiore tanto puro,
    che l’altrui dita mai non ti sfioraro,
    che mai sentisti il riso o lo sguardo
    d’un core umano sincero e maturo.

    Né mano ti potrà mai più recare
    l’acqua che nutre, né la brama accesa
    d’un amante potrà con dolce resa
    coglier il tuo profumo e sospirare.

    Tu sei perfetta, ma per chi? Per quale
    spirto invisibile o Dio severo
    che teme il tocco, e adora il mistero
    d’un fiore intatto, ma senza il suo male?

    Così l’amor, se troppo si protegge,
    non vive: s’asciuga nel suo specchio,
    e in luogo d’un giardino, ha un sepolcro
    che par tempio, ma al cor nulla corregge.

  • Che mi fai

    Che mi fai

    che non sento più i profumi
    se non quello della tua pelle

    che quando osservo l’orizzonte
    scorgo il tuo viso nel cielo

    che più nulla mi importa
    se non il qui e adesso

    e sento pace dentro me,
    la mia piccola barca
    ha trovato un porto felice

    dove il riposo ha riparo,
    dove sincere mani amiche,
    ricuciono la logora vela

  • E pur io son sì altamente innamorato: risposta a Cecco Angiolieri

    Cecco, compare mio, spirto arguto e chiaro,
    sediamci qui, ché l’alma arde e consuma;
    anch’io per donna vivo a mal a mano,
    e il cor si strugge come legna in bruma.

    Ella mi guarda, e par che poco cale,
    e ride quando il cor mi cade in terra,
    poi mi ragiona dolce, e mi fa male,
    e pur io son sì altamente innamorato.

    Di me s’è fatta gioco e fantasia,
    e pur la cerco come pane e vino;
    ché senza lei, la notte pare via
    che mena al nulla e al fin mi fa tapino.

    Io, come te, bestemmio e poi ripenso
    che forse Dio d’amor si fa trastullo,
    ma il cor, ribaldo, torna al primo senso
    e dice: “Soffri, ché morir non è nulla.”

    Mi dici: “Va’, ch’ella ti sia propizia!”
    e io rispondo: “Sia quel che vorrà sorte;
    ma s’ella ride, l’alma mia s’imbizzia,
    e se non l’ho, già sento dentro morte.”

    Dunque giochiam, ché amor è bisca oscura,
    e il senno è banco che mai paga il conto;
    che vale il lume, se ogni carta è fura,
    e un bacio è premio d’un mazzo già pronto?

  • Del mio usiél ch’è foco senza posa

    Sempre ‘l mio usiél, ch’è foco senza posa,
    s’alzava in vol per ogni giovinetta,
    anco se brutta, zoppa, o poveretta,
    ché mai guardava volto né bellezza.

    Né bruttinella mai scampò la cosa,
    ché la sua voglia è forza maledetta,
    che l’ànima mi strugge e mi disseta,
    come fornace accesa e furïosa.

    Punìa le verginelle con gran zelo,
    che quasi mi pigliava un gran spavento,
    vedendo ogn’or ch’alcuna mi guardava.

    Ché poi la sorte, come un colpo a pelo,
    e lor beltà servia sol per la brama,
    ché amor non v’era, ma pur fame e scherno.

  • Spossato

    Spossato

    e riesco finalmente
    a godere quel tanto desiderato
    riposo

    ora la mia piccola barca,
    silenziosa e immobile,
    galleggia
    su questo lago
    che un tempo era mare

  • Les fleurs dans le vent

    Depuis des temps immémoriaux,
    anéanti par le vide,
    le cœur écrasé par la poussière
    de mille heures mortes.

    L’Amour m’abandonna,
    et les couleurs s’éteignirent dans l’abîme,
    la musique devint du bruit,
    un cri, un fracas sans visage.

    Tout le monde, en flammes,
    s’enfonçait dans un tourbillon,
    dirigé par des démons trompeurs,
    et des bêtes, sombres comme le silence.

    La fatigue me tira du noir,
    tandis que je gravissais le précipice,
    les mains meurtries par le froid de la terre,
    le souffle pris par l’obscurité.

    Puis la lumière arriva,
    plus de soleil, mais un éclair
    de fleurs étranges, écloses dans l’air,
    et le pain qui ne rassasie pas, mais remplit
    d’un goût oublié,
    un dernier cri de vie.

  • La vuota gloria

    abbiamo vinto
    ma a che prezzo

    la vittoria
    non consola
    quando il cuore
    resta in guerra

    e cosa serve
    uscirne vivi
    se dentro
    non lo siamo più

  • Libertà

    di pensare

    libertà

    […]

    di agire

    libertà

    […]

    di amare

    libertà